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Richard of
Nicola d’Oresme
Francesco Fa’ di Bruno
Albori dell'automazione: la sega idraulica di Villard
"In questo modo si costruisce una sega che sega da
sola": così Villard de Honnecourt (XIII sec.)
commenta il disegno della sega idraulica. che apre la pagina 44 del suo Taccuino.
E la prima raffigurazione di una sega azionata da energia idraulica, a proposito della quale gli unici accenni precedenti si trovano in un poema del sec. IV e in un documento normanno del 1204.
Villard aggiunge un tocco di genialità e fantasia; il suo disegno (che è solo uno schizzo, non un progetto esecutivo nel senso moderno) delinea la prima macchina automatica in due tempi:
- un corso d'acqua muove una ruota a pale sul cui asse sono fissate una ruota secondaria a ingranaggi e un sistema di camme: la ruota secondaria produce l'avanzamento automatico del tronco da tagliare;
- le camme agiscono sui bracci di un pantografo abbassando la sega e rilasciandola, così da consentire ad una pertica flessibile di richiamarla verso l'alto, generando il movimento alternativo necessario.
Probabilmente la macchina non fu mai realizzata, ma le sue tracce sono presenti in molti meccanismi messi a punto dagli ingegneri meccanici dei secoli successivi.
Un modellino funzionante è qui riprodotto.
Equatorium di Wallingford o Albion medievale
Roma, Museo Astronomico e Copernicano.
L'unico albion medievale in ottone di cui si abbia notizia, con il
disco centrale reversibile messo in posizione. Questo interessante calcolatore fu inventato nel 1326
da Richard di Wallingford (c.1292-1336), abate del monastero di St. Alban in
Inghilterra. È detto "albion", nel significato di
"all-by-one" (tutto con uno) perché un solo strumento esegue molti
calcoli astronomici. È uno sviluppo dell'astrolabio e dell'equatorium, ma è
molto più originale ed efficace: si compone di due dischi concentrici in
ottone i cui diametri misurano cm 33 e cm 22; lungo il bordo più esterno dello
strumento vi è una divisione secondo i mesi dell’anno; ul retro lo strumento
presenta una proiezione della sfera celeste, con le incisioni delle
costellazioni. Il bordo, leggermente rialzato (~
Si è sostenuto che, rapportato alle
previsioni fatte con le tavole astronomiche dell'epoca, poteva essere usato per
determinare le posizioni planetarie con una precisione fino a 20 minuti d’arco.
Nelle foto, l’Albion
esposto alla mostra “Sulle spalle dei giganti” curata da Euresis al Meeting di
Rimini, agosto 2005
Rappresentazione grafica di una grandezza variabile, di Nicola
Oresme
Nicola Oresme (1320-1382)
fu uno dei più grandi uomini di cultura del XIV secolo: gran maestro al Collège
de Navarre; maestro di teologia a Rouen, nel 1377 fu nominato vescovo di
Lisieux. A lui si deve l’idea della rappresentazione
grafica di una grandezza variabile. Egli pensò di rappresentare graficamente la
velocità in funzione del tempo per descrivere i moti. È l’idea di “grafico di
funzioni” che oggi siamo ormai abituati a vedere, e che Oresme rappresenta
innalzando su un asse orizzontale tante sbarrette...
Nel tarttato Sulle configurazioni dei moti (1350) spiega come è possibile determinare lo
spazio percorso da un corpo durante un moto generico: qualsiasi “grafico” può
essere suddiviso in rettangoli sufficientemente piccoli di cui siamo capaci di
calcolare l’area; Al fine di calcolare lo spazio percorso durante un moto
generico, Oresme si ritrova a calcolare somme di un numero infinito di valori
associati alle aree; In sostanza egli calcola la somma di serie infinite,
ottenendo i risultati corretti.
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nel disegno, dal Tractatus de configurationibus qualitatum et
motuum, Oresme distingue tra grandezze uniformi (costanti), uniformemente difformi (crescono o diminuiscono con V costante), difformemente difformi (variano secondo una legge arbitraria). |
Derivata parziale n-esima di una funzione composta di Francesco Faà di Bruno
Francesco Faà di Bruno (1825 –1888): laureato in fisica e
astronomia alla Sorbona col grande Augustin Cauchy, al suo ritorno a Torino
inizia una intensa attività caritativa dando vita, tra l’altro, all’Opera di
Santa Zita, una casa di accoglienza per le domestiche disoccupate e
costituendo Tra le tante opere, anche di matematica, la sua formula per il calcolo della derivata parziale n-esima di una funzione composta ha tuttora numerose applicazioni in campo informatico. |
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La formula di Faà di Bruno (che prende il nome da Francesco Faà di Bruno) è la generalizzazione alle derivate di ordine superiore della ben nota formula per la derivata di una funzione composta (regola della catena).
La versione moderna della formula di Faa' di Bruno si scrive come segue: se u(x),f(x) sono due funzioni di variabile reale e f(u(x)) è la funzione composta, la derivata di ordine j di f(u(x)) è data da
dove Dhu
indica la derivata di ordine h, e la somma
interna è effettuata su tutti i possibili valori interi di la
cui somma è uguale a j.
La versione originale della formula data da Faa' di Bruno era leggermente più complicata, in quanto nella somma interna i termini erano ordinati in modo diverso, raggruppando le derivate dello stesso ordine:
dove adesso la somma è estesa a tutti
gli interi che
verificano le due condizioni k1 + ... + kj
= k e k1 + 2k2...
+ jkj = j.
Giorni dell’anno: 365 = 102+112+122 ma anche = 132+142
Giorni del mese lunare: 28 = 1+2+4+7+14 (cioè la somma
dei suoi divisori = Numero Perfetto)
I primi quattro Numeri Perfetti: 6, 28, 496, 8218
Il numero 10 = 1+2+3+4
Il numero 100= 13+23+33+43
Il numero 1000= ?
Congettura di Goldbach:
ogni numero intero pari maggiore di 2 può essere
espresso come somma di due numeri primi.
Congettura di Catalan:
tra tutte le possibili potenze di numeri interi,
l’unica coppia di numeri consecutivi (escludendo 0 e 1) è composta da 8 e 9
Spesso
quand'io ti miro
Star cosi' muta
in sul deserto piano,
Che, in suo giro
lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia
greggia
Seguirmi
viaggiando a mano a mano;
E quando miro in
ciel arder le stelle;
Dico fra me
pensando:
A che tante
facelle?
Che fa l'aria
infinita, e quel profondo
Infinito seren?
che vuol dir questa
Solitudine
immensa? ed io che sono?
Giacomo
Leopardi
Niente
è più umano del fatto che l'uomo desideri naturalmente cose impossibili alla
sua natura...
Natura che non è
chiusa nella materia come la natura nelle cose fisiche, ma che è intellettuale,
cioè infinizzata nello Spirito.
Tali desideri
vanno all'Infinito perché l'intelligenza è assetata dell'Essere, l'Essere
infinito, cioè la realtà è infinitamente conoscibile, desiderabile.
Jacques
Maritain
Macchine per calcolare i L.O.T.S.
· Che cose'è un L.O.T.S.?
L = L.O.T.S. (occhio! NON LOTS MA L.O.T.S.)
O = Of
T = The
S = Same
Quindi:
L.O.T.S.
Of The Same Of The Same Of The Same Of
The Same Of The Same Of The Same ...
· Quante L ci sono nella figura in alto?
Ecco la macchina per calcolarle:
Nella figura grande (stadio 1) ce n'è 1
Al secondo stadio (all'interno delle 4 lettere) sono 10
Al terzo stadio (all'interno delle lettere piccole) sono 100
Al quarto stadio (probabilmente non visibili in questo immagine) sono 1000
In totale, dopo quattro livelli, sono: 1111
Ecco la macchina per contare il totale:
· Si può anche calcolare (approssimativamente) la dimensione dei caratteri ad ogni stadio
con questa macchina:
(da
Images of Infinity, Leapfrogs Group, Foister/Jagg, 1992)
ovvero, come prendersi gioco, in buona fede, del Presidente degli Stati Uniti
Un armeno immigrato negli Stati Uniti, tale Garabed Giragossian, che sul finire del 1917 attira l'attenzione dell'opinione pubblica coll'annuncio della scoperta della "free energy" e della conseguente macchina del moto perpetuo. Calorosamente appoggiato dai suoi compatrioti, Giragossian esterna la volontà di cedere l'invenzione al geverno degli Usa per il bene e lo sviluppo del paese; allo scopo chiede al Congresso di nominare una commissione di esperti per esaminarla. A far precipitare la faccenda nel grottesco interviene la stampa che prende a gran voce le parti di Giragossian. Agli inizi del 1918 il presidente Woodrow Wilson nomina una commissione di 5 membri per esaminare la macchina. Il responso è quanto di più ridicolo si possa immaginare: il povero Giragossian aveva scoperto il volano, una pesante ruota messa manualmente in moto e poi mantenuta tale da un piccolo motore elettrico che doveva, a suo parere, creare energia perché il motore forniva 0,05 CV mentre per arrestare la ruota occorrevano 10 CV. La commissione ammetteva la buona fede dell'armeno, pari alla sua sprovvedutezza meccanica, tacendo sulla idiozia di Congresso, Presidente, opinione pubblica e stampa tutta.
(da AIl moto perpetuo, una secolare utopia, di Enrico Gamba in KOS n. 127, aprile 1996)
Bicicletta per salire le scale progettata da Jacques Carelman
(da A Catalogue of Unfindable Objects, trad. it. Catalogo di oggetti introvabili, Mazzotta 1992)
La frontiera della complessità coincide con la frontiera del nuovo, non previsto dai nostri modelli. E non possiamo neppure moltiplicare all'infinito il numero di tali modelli; sarebbe una inutile fatica di Sisifo: mentre noi aumenteremo i nostri modelli (e i nostri tempi di calcolo), la realtà continuerà a prenderci in giro con eventi sempre nuovi. L'imporsi del tema della complessità ci ha costretto ad accorgerci che una struttura deduttiva del tipo suddetto si blocca di fronte a due difficoltà.
Una di natura sostanziale, enunciata da Gödel nel suo celebre teorema: all'interno di un corpo di assiomi, cioè di un certo linguaggio formale, noi possiamo enunciare correttamente dei teoremi dei quali però non riusciamo a dimostrare né la verità né la falsità. Prima o poi ci dobbiamo scontrare con una indecidibilità radicale: l'unico modo per evitarla sarebbe aumentare continuamente il numero di assiomi ma questo porterebbe ad una regressione all'infinito.
C'è però anche una difficoltà di tipo pratico. Se il modello teorico che adottiamo non è quello adeguato al mondo reale, la nostra descrizione del mondo può richiedere tempi più lunghi di quello che sta accadendo nella realtà; a questo punto il problema diventa intrattabile. Supponiamo, ad esempio, di aver elaborato un modello degli eventi meteorologici che permette di valutare accuratamente il tempo di domani ma con un tempo di calcolo di 48 ore: in tal caso il modello diventa inutile; tanto vale incrociare le braccia e aspettare di vedere cosa succede.
(da un'intervista a T. F. Arecchi in Libertà di Educazione, novembre 1997)