In oculis facta.

Il ruolo dell'immagine nella conoscenza scientifica

2022

Dire Io.

Linguaggio e Coscienza

2021

Fra le più enigmatiche e affascinanti realtà che la scienza tenta di indagare c'è quell'oggetto sui generis che coincide con il soggetto stesso della ricerca: l'essere umano. L'uomo rappresenta quel livello della natura capace di avvertire la presenza del mondo e di sé stesso, e in grado di esprimere il proprio esserci con la più misteriosa delle parole: io. Guidati da due studiosi italiani di fama mondiale, il neuroscienziato Marcello Massimini e il neurolinguista Andrea Moro, saremo invitati a esplorare la natura della coscienza e del linguaggio secondo le possibilità offerte dall'approccio scientifico e con apertura interdisciplinare.

Ogni giorno per tutta la giornata sarà possibile partecipare, con cadenza oraria, alla presentazione del percorso.

Se l'io talvolta è oggetto della ricerca scientifica, sempre ne è il soggetto. Spesso si ritiene che il percorso scientifico sia un processo a-personale, quasi asettico, mentre è l'esito di un appassionato rapporto di stima e di accoglienza della realtà. In ogni scoperta l'uomo più o meno consapevolmente svela un aspetto di sé stesso. Attraverso il racconto di alcuni momenti della storia della scienza si potrà cogliere il manifestarsi di alcune dinamiche tipiche dell’agire umano.

Ogni giorno lo spazio scientifico ospiterà il dialogo con uno scienziato in cui far emergere - attraverso il contenuto della sua ricerca - le motivazioni, le domande, gli eventi, gli incontri che maggiormente hanno segnato la sua esperienza umana e scientifica.

Exoplanets.

Nuove terre inesplorate, l'antico mistero della vita

2018

A cura di Associazione Euresis e Camplus

Il titolo del Meeting 2018 (“Le forze che muovono la storia sono quelle che rendono l’uomo felice”) invita a chiedersi che cosa muova realmente l’uomo, il suo audace desiderio di novità, di conoscenza, di relazione, e come quel movimento conduca a cambiare il mondo in cui viviamo. Fin dalla preistoria gli esseri umani si sono avventurati in territori inesplorati alla ricerca di nuove possibilità di sopravvivenza e di sviluppo, hanno saputo adattarsi a condizioni ambientali diverse, spesso incontrando specie di animali e di piante che gli erano prima del tutto sconosciute. Sbarcato su nuovi continenti, talvolta ha scoperto che anche quei territori erano abitati da altri esseri umani con tratti somatici diversi, di cui ignorava l’esistenza. Quasi ovunque sulla Terra l’uomo ha trovato vita, e ha impiantato vita. Oggi il nostro pianeta è sostanzialmente esplorato in ogni sua parte. Siamo la prima generazione per la quale sulle mappe del globo non compaiono più regioni di “Terra Incognita”.

Simultaneamente, grazie ai progressi della tecnologia spaziale, negli ultimi 50 anni abbiamo iniziato l’esplorazione del nostro Sistema Solare. Uno degli obiettivi portanti delle missione interplanetarie, direttamente o indirettamente, è la ricerca di eventuali forme di vita al di fuori della Terra. Al momento, nonostante tutti gli sforzi messi in campo, nessuna traccia di vita è stata rivelata in pianeti o satelliti del Sistema Solare al di fuori del nostro pianeta.

Oggi siamo sulla soglia di una nuovo radicale ampliamento della scena. Negli ultimi anni è stata rivelata la presenza di un enorme numero di pianeti che ruotano intorno ad altre stelle, i cosiddetti “pianeti extrasolari”, o “exoplanets”. I recenti risultati della sonda Kepler (2009-2016) indicano che, solo nella nostra Galassia, essi si contano a miliardi. Sono mondi lontanissimi. Anche i più vicini, al momento, sono completamente al di fuori della portata delle nostre astronavi. Ma alcuni di essi potrebbero avere caratteristiche tali da ospitare vita. È possibile? Potremo mai scoprirlo? Quali strumenti abbiamo, e potremo avere in futuro, per cercare tracce di vita in quei pianeti lontani? Che cosa sappiamo oggi di questi pianeti? Come si formano? A quali condizioni si possono realizzare altrove ambienti simili a quello terrestre? E quanto veramente abbiamo compreso il sorgere della vita e la sua evoluzione qui sulla Terra?

Se davvero qualche lontano pianeta ospitasse vita, di che vita si potrebbe trattare? Perché un conto sono i microorganismi elementari, altro è la vita animale complessa. Altro ancora è la vita cosciente, quella che riconosciamo in noi stessi. E, se esistono altri esseri consapevoli nell’universo, potremo mai arrivare a comunicare con loro?

E, infine, perché ci appassiona e ci inquieta il pensiero che altrove, in qualche luogo lontano, possa esserci vita? Che impatto avrebbe, per noi e per il mondo intero, la notizia di una tale scoperta? O, al contrario, la virtuale certezza di essere soli nell’universo cambierebbe qualcosa dell’idea che abbiamo di noi stessi, della nostra concezione della vita, della nostra dignità di esseri umani?

WHAT?

Macchine che imparano

2017

A cura di Associazione Euresis e Camplus

Macchine che camminano, che parlano, che potrebbero presto sostituire l’uomo in molti lavori. Non è fantascienza ma una nuova sfida che si fa sempre più attuale, che apre a grandi possibilità e grandi interrogativi. Le macchine ora imparano molte azioni umane. Ma in che senso "imparano"? Una domanda che ci costringe ad approfondire ciò che è irriducibilmente umano.

Il focus dello spazio, allestito al Meeting di Rimini dal 20 al 26 agosto 2017, non è quindi in generale l’automazione, la robotica o l’intelligenza artificiale ma soprattutto la descrizione dei processi di apprendimento e la qualità di questi processi nell'essere umano, risultata dall’esperienza.

Ogni giorno ci saranno incontri e dibattiti con esperti della materia che si confronteranno con i visitatori per raccogliere provocazioni, suggestioni, contraddizioni e interrogativi.

Lo spazio si apre con un video che introduce l’argomento e pone al centro del tema il confronto tra uomo e macchina, che fa da sfondo a tutto l'allestimento. Alcuni corner aiutano il visitatore a cogliere gli aspetti fondamentali del machine/deep learning facendo il parallelo tra le diverse modalità di apprendimento tra uomo e macchine e suggerendo punti di vista e citazioni che permettano di entrare nel mistero di questo paragone:

1) Reti neurali artificiali

2) Cervello umano e cervelli elettronici

3) Dal silicio all’intelligenza artificiale

4) Machine learning: riconoscimento di immagini

5) Machine learning: chatbot

WHAT

What’s Human About Technology?

2016

A cura di Associazione Euresis e Camplus-Fondazione CEUR

Uno spazio dedicato alla tecnologia, frutto del tentativo di mettere in luce soprattutto le domande acute che i diversi tipi di tecnologia, in particolare negli anni più recenti, sollevano sul nostro modo di guardare il mondo e di guardare noi stessi; senza sottrarsi alla drammaticità di alcuni interrogativi e pur riconoscendo il potenziale di utilità che la tecnologia offre.

Queste domande sono state messe a fuoco esplorando quattro tematiche:

– le nanotecnologie,

– le biotecnologie,

– la realtà virtuale,

– la robotica,

e sono richiamate in modo esemplificativo in quattro corner (più un’area speciale interattiva) con exhibit e pannelli illustrativi.

Durante tutto il periodo espositivo, questo spazio diventerà anche un’arena di dibattito e di dialogo con personalità che a vario titolo hanno un’esperienza significativa in termini professionali e personali su questi temi.

L’iniziativa WHAT è accompagnata dalla pubblicazione di uno Speciale della rivista Emmeciquadro che raccoglie i contributi dei curatori dello spazio espositivo e di alcuni dei protagonisti dei momenti di parola.

Misteriosa è l'acqua

2015

A cura di Associazione Euresis

In collaborazione con Fondazione Ceur

La sete, esperienza fortemente indicata dal titolo del Meeting, è segno privilegiato dell’attesa e della ricerca di ciò che ci costituisce: noi sentiamo la mancanza di ciò che è essenziale per vivere e che ci costituisce in massima parte.

La mostra “Misteriosa è l’acqua” mette in luce le meraviglie che l’indagine scientifica ha rivelato di questo elemento così quotidiano ed eccezionale, così “umile et pretioso”. Il visitatore scopre in quanti e quali modi la nostra vita dipende fisicamente dall’acqua e dalle sue speciali caratteristiche, a un livello ancora più profondo di quello che ritenevano i popoli antichi e potrà ricostruire i fattori principali del rapporto fra l’uomo e l’acqua, che così tanto ha determinato e determina lo sviluppo della civiltà umana.

Grazie alla consapevolezza introdotta dalla scienza moderna potrà poi riscoprire in termini nuovi e sorprendenti l’antica immagine dell’acqua come emblema di ciò che è necessario alla vita, come segno del compimento della persona umana.


Explorers

2014

A cura dell'Associazione Euresis

Ricercare ciò che non si conosce è un tratto profondamente radicato nella natura umana. Sin dalla preistoria gli esseri umani hanno progressivamente espanso i confini del loro ambiente, spesso esponendosi a grandi rischi, alla ricerca di territori inesplorati. Gli antichi navigatori solcavano gli oceani alla scoperta di nuove terre e di mari sconosciuti. Anche in assenza di vantaggi prevedibili, l’esigenza di esplorare il mondo è stata sempre viva, motivata da una segreta attrattiva per tutto ciò che esiste. Il nostro innato bisogno di novità rappresenta una continua sollecitazione ad “andare oltre”, a essere aperti all'incontro con l’inaspettato, con lo sconosciuto, con “l’altro” – sia questo un’altra persona, un continente ignoto, un nuovo pianeta.

Gli esploratori di ogni tipo sono sostenuti dall'intuizione che quella realtà che tentano di scoprire, benché ancora ignota, avrà in qualche modo un significato per noi, ci svelerà qualcosa a riguardo del nostro posto nel mondo, delle nostre origini, del nostro destino. La necessità ancestrale dell’uomo di navigare verso ciò che è misterioso, espressa dalla letteratura e dall'arte di ogni cultura, non ha portato solamente a una grande espansione della nostra conoscenza del mondo, ma anche a una più profonda consapevolezza di noi stessi.

Nell'era contemporanea, l’impresa scientifica nel suo insieme rappresenta una formidabile forma di esplorazione che ci permette di estendere la conoscenza del mondo fisico fino a confini mai raggiunti prima d’ora. Ma esiste una ben precisa forma di ricerca che incarna in termini moderni la medesima avventura degli antichi navigatori: l’esplorazione spaziale. In questo caso, infatti, non realizziamo esperimenti nel nostro laboratorio, né siamo semplici osservatori “passivi” dell’universo intorno a noi, bensì viaggiamo nell’"oceano cosmico” lanciando navicelle spaziali (con a bordo astronauti o, più spesso, solo sofisticate apparecchiature) per studiare in-situ altri mondi e interagire direttamente con ambienti extraterrestri.

Naturale, artificiale, coltivato.

L’antico dialogo dell’uomo con la natura

2013

A cura di Associazione Euresis: Daniele Bassi, Alberto Dalli, Mario Gargantini, Cesare Longoni, Piero Morandini, Ignazio Perego, Elio Sindoni, Carlo Soave.

Alla fine dell’ultima glaciazione, tra 12000 e 9000 anni fa, avviene la più grande rivoluzione della storia della specie umana. In diverse regioni del pianeta - nella Mezzaluna fertile (Vicino Oriente), nelle valli dello Yangtze e del Fiume Giallo in Cina, in Mesoamerica (Messico centromeridionale) e sulle pendici delle Ande in Sudamerica, nell'Africa sub sahariana - piccoli gruppi di uomini fino ad allora cacciatori-raccoglitori nomadi, indipendentemente gli uni agli altri, inventano l’agricoltura.

La mostra documenta i primi passi e i successivi sviluppi di questa storia, mediante l’esposizione dal vivo delle specie selvatiche e delle varietà man mano coltivate dall'uomo, illustrando l’evoluzione - guidata dall'uomo - delle piante che hanno nutrito l’umanità lungo i millenni.

Il Leitmotiv è mostrare gli interventi dell’uomo come testimonianza di una interazione virtuosa tra uomo e natura, esempio di quella “scienza artigiana” in cui l’uomo si pone in ascolto della realtà e la interpreta cercando di capirla veramente fino in fondo e di usarla per il bene comune.

Un altro tema considerato è come rispondere alla sfida di nutrire una popolazione umana in rapida crescita. Occorre riscoprire su cosa fondare un corretto rapporto tra uomo-e-uomo e uomo-e-ambiente.

Gli oggetti del vivere, le tecnologie del fare

L’impatto dell'industria costruttrice di macchine utensili nei principali ambiti della vita quotidiana

2012

a cura di Mario Gargantini

realizzata per Ucimu– Sistemi per Produrre, esposta a BIMU 2012


VIAGGIO AL CENTRO DELLA MACCHINA

Il contributo della tecnologia al miglioramento della vita quotidiana

Tema

Come si è sviluppata l’idea di manufatto, il ruolo svolto dalle macchine utensili, la centralità dell’uomo (al centro della macchina c’è l’uomo)

Claim

“macchine per fare macchine: dai manufatti fatti a mano, al manufacturing PC-based”

Taglio comunicativo

Narrativo ed evocativo, non didattico, non cronologico, non definitorio: mix di testo, disegni e belle immagini

Percorso espositivo

sviluppato secondo 4 step: ad ogni step: pannelli, gigantografie, oggetti-simbolo (tratti dalla vita quotidiana) dai quattro settori prescelti: automotive, elettrodomestici, energia, aerospaziale.

Tavolo interattivo con video significativi

Parole, numeri e headline della macchina utensile vengono proiettati in vari punti con scritte laser colorate

Che cos'è l'uomo perché te ne ricordi?

Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune

2012

A cura di Associazione Euresis e Fondazione Jérôme Lejeune.

In collaborazione con Associazione Medicina e Persona e Centro Culturale Crossroads.


Viene messo a tema l’uomo e il suo destino proponendo un’indagine sulla “natura umana” a partire dalla testimonianza di Jérôme Lejeune, fondatore della genetica clinica, attraverso gli sviluppi di questa disciplina e le più recenti acquisizioni della biologia evoluzionista sul determinismo genetico.

L’uomo Léjeune e la fondazione della genetica clinica.

Viene ripercorsa la sua formazione scientifica nel contesto delle conoscenze biomediche del suo tempo e vengono introdotte alcune nozioni-base (malattia ereditaria, cromosomi, geni, DNA …). Viene quindi descritta la sua attività scientifica, il suo approccio alla ricerca e le sue scoperte: in particolare, come è arrivato a dimostrare (1958) il nesso tra sindrome di Down e trisomia 21. Lejeune è un ricercatore ma è anche un medico, in particolare medico pediatrico: la sua posizione è conoscere (la ricerca scientifica) per curare; e curare significa prendersi cura della persona. Si introducono esempi di come la ricerca genetica abbia reso possibile curare alcune sindromi ereditarie e, proprio a partire dalla testimonianza di Lejeune, dell’importanza per il malato di un contesto umano anche nei casi dove non ci siano progressi. Vengono evidenziate le basi sulle quali Lejeune fonda la sua visione dell’uomo e della vita e che hanno alimentato le sue decise prese di posizione pubbliche in favore della vita: si possono sintetizzare nell’idea che ogni uomo sia “unico” e “insostituibile” e come tale vada guardato.

Gli sviluppi della genetica clinica.

Dalle scoperte di Lejeune ad oggi la genetica ha fatto enormi progressi. Oggi conosciamo la gran parte dei geni dell’uomo e l’intera sequenza del suo DNA; è possibile quindi individuare le basi genetiche di numerose malattie. Ma non solo. Con le tecnologie attuali e con relativamente poca spesa, possiamo ottenere l’intera sequenza del DNA di numerosissimi singoli individui. A che scopo tutto ciò? Che informazione possiamo ricavarne? C’è chi dice che potremo sapere se una persona è portatrice di malattie genetiche, se è predisposta a malattie degenerative (diabete, aterosclerosi ecc); e ancora: avrà un buon carattere? sarà intelligente? sarà un grande pianista? Ma, soprattutto, questa conoscenza è per curare meglio, come affermava Lèjeune, o è per selezionare (eugenetica)?

Il nostro destino è scritto nei nostri geni?

Viene sottoposta a critica l’idea, peraltro molto diffusa, che ci sia un “gene per”ogni caratteristica (capita spesso di leggere: “scoperto il gene per l’altruismo, il gene per l’aggressività, il gene per l’intelligenza ecc.”); è l’idea che l’uomo, e più in generale ogni organismo vivente, è la somma di tanti “geni per”. La moderna biologia evolutiva ci dice che il corredo genetico più che un “programma esecutivo” è un insieme di “strumenti” che l’organismo biologico usa, insieme a molte altre fonti di informazione, per costruire la sua vita. Quindi risulta difficile pensare ai viventi, e soprattutto all’uomo, come a esseri totalmente determinati e dipendenti dai geni. E riaffiora quell’immagine, cara a Lejeune, dell’unicità irriducibile dell’uomo e della contingenza di ogni vivente: potevamo non esserci , invece ci siamo e questo sguardo sul reale non può non essere una continua ed inesauribile fonte di sorpresa e domanda. È un mistero che resta incomprensibile finché non prende il nome di “padre”; come è stato “padre” Lejeune per i suoi pazienti. Solo il padre è in grado di riconoscere l’unicità e lo può fare quando si riconosce figlio.

Atomo: indivisibile?

Domande e certezze nella scienza

2011

A cura di Associazione Euresis


Che cosa significa raggiungere una “certezza” in ambito scientifico? Esistono, nel percorso della ricerca, risultati che diventano punti di non-ritorno? La certezza è contenuta nella combinazione di osservazioni e misure, oppure c'è un “salto” tra l’insieme dei dati e il diventare certi di qualche cosa? Di che cosa si diventa certi: del dato osservato o di una più ampia realtà che il dato indica? Quanto conta, nel cammino verso la certezza, il metodo con cui si interroga la realtà? Il tema proposto dalla mostra ci invita a mettere a fuoco l’esperienza del diventare certi nel lavoro scientifico. Ed è proprio l’esperienza a mostrarci che, in effetti, l’uomo è capace di raggiungere “punti di certezza” nella ricerca. Arrivare a delineare in modo stabile e definitivo certi tratti della struttura del mondo fisico non è l’esito di un automatismo, ma comporta la continua messa in gioco del soggetto umano nella tensione verso un punto d’arrivo che non si riduce alla sommatoria dei passi intermedi. Normalmente, infatti, non sono i dati sperimentali a costituire il “risultato” scientifico, ma essi sono una trama di indizi, di “segni”, che aprono alla conoscenza di nuovi aspetti del reale. Così, nel tempo, l’accumularsi di nuove osservazioni, esperimenti, sviluppi teorici, e il continuo confronto critico tra gli scienziati, vanno a costruire una rete sempre più ricca, articolata e interconnessa di fattori convergenti che conducono a evidenze talmente solide e stabili che, a un certo punto, diventa irragionevole dubitarne. Intendiamo documentare questa dinamica, non in astratto, ma raccontando una storia. Una di quelle storie che hanno cambiato il cammino della scienza, esattamente cento anni fa. Oggi nessuno può ragionevolmente dubitare dell’esistenza degli atomi e della loro struttura nucleare. La mostra ripercorre le tappe principali che hanno portato a questo “punto di non ritorno”, rivisitando le domande che – dalle intuizioni degli antichi ai primi modelli ingenui dell’atomo – hanno condotto all'inizio del secolo scorso agli esperimenti decisivi di Ernest Rutherford e alla formulazione (nel 1911) del suo modello atomico “planetario”.

Cose mai viste.

Galileo, fascino e travaglio di un nuovo sguardo sul mondo

2009

Promossa dal Meeting per l’Amicizia fra i popoli

Prodotta dalla Società Muse Media srl.

Con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura.

A cura di Associazione Euresis


Il quarto centenario delle prime osservazioni di Galileo con il cannocchiale è occasione per mettere a tema una vertiginosa esperienza umana: quella di chi ha visto cose mirabili, mai viste prima da nessun altro uomo.

La mostra illustra gli eventi, le intuizioni geniali, le relazioni umane, le motivazioni profonde di Galileo a partire dalle osservazioni astronomiche racchiuse nel volumetto Sidereus Nuncius, di cui una copia seicentesca è posta al centro dell’esposizione. L’intento è di produrre una immedesimazione con quell’avvenimento di scoperta, con ciò che Galileo ha effettivamente visto in quelle memorabili notti, nella prospettiva di comprenderne meglio le inevitabili conseguenze. Galileo è un artefice e un emblema della complessità di un’epoca. Il percorso espositivo inizia proprio dalla descrizione del contrastato contesto storico e culturale dell’inizio del Seicento. È definitivamente tramontata una concezione unitaria della vita e della conoscenza e si stanno affermando nuovi approcci alla natura e all’uomo, destinati a sfociare nella modernità, con tutto il loro carico di ambiguità e presunzione.

Peraltro non si può ignorare la portata della grande eredità consegnata a Galileo dai secoli precedenti: valore della ragione, ordine nei fenomeni naturali, comprensibilità della natura; tutti elementi che confluiranno in quel nuovo modo di conoscenza del reale, ristretto ma potente, che è l’indagine scientifica. Immagini, documenti originali e riproduzioni mettono in evidenza questo prezioso background.

Col supporto di modelli, video e ricostruzioni storiche, lo sguardo del visitatore viene dapprima portato sull’attività scientifica e tecnologica di Galileo nei suoi anni trascorsi a Padova; sullo sfondo di un vivace dibattito cosmologico sui “massimi sistemi del mondo”, non riducibile alla pura contrapposizione tra tolemaici e copernicani.

Poi l’avvenimento decisivo: la notizia del nuovo strumento, il cannocchiale, la frenetica attività di perfezionamento e l’entusiasmante avventura delle “notti magiche” tra il dicembre 1609 e il marzo 1610. Il visitatore si trova di fronte ai corpi celesti in un modo molto simile a come li ha visti Galileo; e può constatare come egli sia stato abile nell’interpretarli, nel descriverli e anche nel disegnarli. È un punto di svolta nella sua vita, è l’inizio di una nuova fase del suo percorso umano e culturale, non estranea a una certa pretesa di imporre la sua visione.

Il post 1609 è segnato per Galileo dalle molte reazioni polemiche ma anche da altre positive, come quelle dei gesuiti del Collegio Romano e dei missionari che porteranno le nuove idee fino in Cina. Emerge, anche da una serie di lettere e documenti originali esposti, il suo sforzo per difendere il primato che si è conquistato; fino a lasciarsi trascinare in accese dispute e controversie. C’è soprattutto il problema delle prove a supporto del modello copernicano; prove che Galileo non ha e la cui ricerca occuperà i secoli successivi, come si può vedere dai modelli e schemi che riproducono i risultati più significativi. Il percorso in più punti apre questioni più ampie, connesse all’oggi della scienza: è in questo orizzonte che si sono inseriti i richiami a Galileo da parte di Benedetto XVI e prima ancora da Giovanni Paolo II; e sulla scia dello storico intervento di quest’ultimo nel 1992 e attraverso le parole di due scienziati al top dell’astrofisica contemporanea, la mostra si conclude rilanciando il tema dei rapporti tra la scienza e le altre forme di conoscenza.

… E quindi uscimmo a riveder le stelle

Incontrare la scienza in compagnia di Dante

2008

Promotore: Ministero per la Pubblica Istruzione

Ideazione e Redazione: Euresis.

Realizzazione: Muse Media srl

Comitato Scientifico:

- Marco Bersanelli, Prof. Astrofisica - Università degli Studi di Milano;

- Sergio Cristaldi, Prof.essore di Filologia Dantesca - Università degli Studi di Catania;

- Edoardo Rialti, Ricercatore di Storia della Letteratura Inglese - Università degli Studi di Firenze

- Robert Osserman, Professore Emerito di Matematica - Stanford University (USA)

Curatori: Mario Gargantini, Nicola Sabatini

Collaboratori: Michele Benetti, Maria Segato

Attraverso la riproposizione di alcuni passi della Divina Commedia, ricchi di riferimenti scientifici e cosmologici, il progetto intende offrire alle scuole un percorso originale che illumini i termini di un confronto innovativo fra letteratura e scienza. Il progetto si svolge in 5 scuole per l'anno scolastico 07/08; nell'anno scolastico 08/09 l'esperienza sarà estesa ad altre 50 scuole.

Dante è guidato da Virgilio e Beatrice in un cammino di conoscenza di se stesso e dell'intero universo. La descrizione dei fenomeni naturali nella Divina Commedia, espressa in sublime linguaggio poetico, contiene momenti di sorprendente accuratezza che rivelano una sensibilità tipica di quella che oggi chiamiamo una "osservazione scientifica".

Alla radice della squisita attenzione alla natura che Dante dimostra vi è una concezione del mondo fisico come realtà creata, e perciò significativa di un ordine e di una armonia profonda. Per Dante nulla di ciò che appare in natura (dall'arcobaleno al movimento dei corpi, dalle macchie lunari alla struttura geometrica del cosmo) è insignificante; al contrario ogni particolare è degno della nostra affezionata osservazione. Dante è protagonista ed espressione somma di quel clima culturale che ha prodotto la rinascita umana e sociale dell'Europa, e che è stato determinante anche per la nascita della scienza moderna.

Da allora il cammino della scienza ha percorso una traiettoria straordinaria e ha raggiunto livelli impensabili di conoscenza. Tuttavia oggi la scienza rischia la frammentazione, fatica atrovare un orientamento, un senso; tende a smarrire i criteri che possono permettere un utilizzo responsabile dei risultati raggiunti. I singoli fenomeni, che erano uniti nel grandioso abbraccio cosmico della Commedia, sembrano oggi irrimediabilmente isolati. Forse anche per questo tende a venir meno, soprattutto nei giovani, l'interesse e il gusto del lavoro scientifico, percepito come estraneo alla propria esperienza umana e temuto per le implicazioni negative a cui può condurre.

In questa situazione culturale, proponiamo di riscoprire la dimensione scientifica nello sguardo di Dante Alighieri: ciò può diventare pietra di paragone preziosa per un rapporto positivo con la realtà tutta, e per rilanciare i motivi profondi che sostengono il lavoro del ricercatore e del metodo con cui si fa scienza.

La luce, gli occhi, il significato

L'esperienza umana del vedere

2007

A cura di Associazione Euresis


Tra tutti, è forse la vista il senso che più ci permette di apprezzare l’estensione dello spazio, di prendere coscienza della varietà dei corpi, nell’uomo “il vedere” arriva a essere esperienza profonda di rapporto con il reale e di apertura al suo significato. La mostra mette a tema questa esperienza proponendo sia gli aspetti fisico-chimici coinvolti nel processo visivo, sia il fenomeno personale del “conoscere” e del “riconoscere” attraverso la vista.

Nel percorso il visitatore prenderà contatto con la luce come realtà fisica, verranno poi presentate le ingegnose e sorprendenti soluzioni fisiologiche che permettono la formazione delle immagini. Saranno anche proposte ricostruzioni di opere architettoniche e artistiche che mostreranno come la visione umana sia inseparabile dal riconoscimento di nessi e significati: tonalità, luce, profondità sono richiamo alla memoria di chi guarda e legano l’immagine percepita con la storia e l’identità del soggetto che vede.

“A che tante facelle?”

La Via Lattea tra scienza, storia e arte

2006

A cura di:

Marco Bersanelli, Mario Gargantini, Davide Maino, Nicola Sabatini, Elio Sindoni

Con la consulenza di Francesco Bertola, Massimo Robberto


L’arco di luce della Via Lattea che attraversa il cielo è uno spettacolo che ha riempito di meraviglia tutte le generazioni umane, dalla preistoria fino ai giorni nostri. La scienza moderna ha svelato la natura fisica della Via Lattea, riconoscendo in essa il bagliore diffuso della Galassia nella quale siamo immersi: una struttura a spirale che contiene centinaia di miliardi di stelle, così vasta che un raggio di luce impiega mille secoli ad attraversarla. In questo modo ci ha rivelato che il suo nesso con la nostra esistenza è ben più profondo di quanto l’uomo avesse osato immaginare.

Attraverso spettacolari immagini ad alta definizione della Via Lattea, recentemente ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble e con i più grandi telescopi terrestri, la mostra introduce alla comprensione della Galassia come “la grande periferia” del nostro ambiente terrestre.

Sono previsti anche filmati e ausili multimediali, riproduzioni di opere d’arte ispirate alla Via Lattea e di documenti storici.

Sulle spalle dei giganti

Luoghi e maestri della scienza nel Medioevo europeo

2005

A cura di:

Associazione Euresis


La mostra documenta la notevole e poco conosciuta epopea di fervore intellettuale e di creatività culturale che si sviluppò nell’occidente europeo durante il Medioevo che pose le basi per la nascita della scienza moderna.

La mostra indaga sulle condizioni e sui fattori che hanno favorito l’affermarsi e lo strutturarsi di quel tipo di conoscenza del reale che chiamiamo conoscenza scientifica, esponendo i nodi concettuali più significativi della mentalità medievale attraverso suggestive ambientazioni, ricostruzioni, modelli e reperti.

Una rilettura del passato alla luce delle domande più attuali, una descrizione dei luoghi e delle idee che hanno accompagnato l’opera dei maestri della nostra cultura. Un viaggio appassionante e curioso nel passato per capire meglio l’esperienza scientifica di oggi, rintracciare le comuni radici culturali, ritrovare ciò che può alimentare ancora il cammino della conoscenza scientifica.

Einstein 1905

Il genio all’opera

2004

A cura di:

Associazione Euresis

Coordinamento generale Mario Gargantini

In collaborazione con Enrico Gamba, Giorgio Guidi, Michele Isacchini, Lorenzo Mazzoni, Luca Signorini

Consulenza scientifica di Silvio Bergia


La mostra presenta e documenta a “tutto tondo” l’insieme delle opere pubblicate da Einstein nel 1905, proponendo un itinerario umano e scientifico che metta in evidenza la sua avventura scientifica e umana del tutto particolare. Egli dimostrò coraggio e libertà nell’affrontare e risolvere i problemi posti dai fenomeni allora al centro del dibattito della fisica ed ebbe una sovrabbondanza di risultati rispetto alle premesse. Il percorso della mostra si articola in tre sezioni. La prima comprende notizie biografiche, storiche e scientifiche relative al periodo dalla nascita al 1905. La seconda, a carattere prettamente scientifico, è divisa in tre settori riservati ai tre argomenti dei celebri articoli del 1905, ossia relatività ristretta, effetto fotoelettrico e teoria molecolare del moto browniano. La sezione conclusiva presenta alcuni “squarci” sull’evoluzione della fisica dopo il 1905 e sulle conseguenze scientifiche e tecnologiche delle scoperte di Einstein.

Cercatori della verità

Momenti del dialogo tra Chiesa e scienziati

2003

A cura di Raffaele Cossa, Gabriele Mangiarotti, Lorenzo Mazzoni, Franco Parrocchetti.

Coordinamento generale di Mario Gargantini.

Consulenza: S.E. Mons. Marcelo Sanchez Sorondo, padre George Coyne, Luigi Negri, Alberto Strumia, Giuseppe Tanzella-Nitti.

In collaborazione con Pontificia Accademia delle Scienze, Specola Vaticana e Associazione Euresis.


In un momento nel quale nuove sfide si affacciano alla ribalta della scienza e non mancano i segni di disorientamento sia nella comunità scientifica che nell'opinione pubblica, è più che mai urgente ritrovare le motivazioni profonde del fare scienza e rispondere agli interrogativi cruciali circa le sue finalità e il suo significato.

La ricerca della verità è il filo rosso, il punto d’incontro tra uomini di cultura, scienziati, filosofi e teologi. La mostra intende raccontare lo sviluppo della naturale apertura dell'esperienza cristiana, e di ogni autentica esperienza religiosa, verso tutte le espressioni del desiderio umano di conoscenza.

Ciò viene proposto attraverso la testimonianza di scienziati che hanno vissuto l'attività di ricerca come manifestazione della passione per la verità del reale mossa dall'esperienza di fede e hanno testimoniato la possibilità di una profonda unità tra la dimensione speculativa e la dimensione religiosa.

Galileo

Mito e realtà

2000

A cura di:

Maria Elisa Bergamaschini, Serenella Feliciani, Gabriele Mangiarotti, Lorenzo Mazzoni, Franco Tornaghi

Coordinamento generale Mario Gargantini

In collaborazione con Francesco Bertola, Francesca Bonicalzi, Alessandro Gamba

Assistenza del Clu del Politecnico di Milano

La mostra intende far emergere l’esperienza umana di Galileo, in tutte le sue dimensioni. Essa ricrea l’ambiente storico, sociale, culturale e religioso dell’epoca, che corrisponde alla nascita della modernità, mostrandone i fermenti, i contrasti e la straordinaria creatività, anche nell’Italia della Controriforma.

Galileo tenta di inaugurare una modalità più adeguata di conoscenza della natura, ma si rivela troppo impulsivo e poco incline a instaurare un dialogo costruttivo con le autorità.

L’intera vicenda e le sue conseguenze storiche vengono rilette alla luce della scienza odierna e delle sue più profonde esigenze, mostrando come, all’interno di un’esperienza di fede, anche la scienza possa trovare la sua giusta collocazione.

1799 e la corrente fu

Duecento anni dalla pila di Volta

1999

”Questa è la base fondamentale di tutte le invenzioni”: così Albert Einstein definì l’invenzione della pila, un evento di cui nel 1999 ricorre il bicentenario. Nell’illustrare la vita e le opere del grande scienziato comasco, Alessandro Volta, la mostra – realizzata nell’ambito delle celebrazioni voltiane promosse dal Comitato istituito dalla Regione Lombardia e da Telecom Italia – fa rivivere al visitatore le varie tappe che lo hanno condotto dalle prime osservazioni e riflessioni sulla natura dell’elettricità, alla realizzazione della pila, mettendo quindi in luce le enormi conseguenze derivate dalla scoperta al progresso tecnologico e alla nostra vita di tutti i giorni.

Facendo riferimento ai testi dell’epoca, è raccontata l’appassionante vicenda che ha visto contrapposti Volta e Galvani sulla natura della corrente elettrica: dovuta a contatto tra metalli diversi o d’origine animale? Il percorso della mostra è articolato in cinque sezioni: la vita di Volta; le esperienze e le ipotesi sull’elettricità precedenti a Volta; gli studi che hanno condotto lo scienziato comasco dalle prime esperienze alla realizzazione della pila e alle sue altre numerose, anche se meno note, invenzioni; la controversia con Galvani; l’eredità di Volta, cioè le grandi realizzazioni della tecnologia che hanno, via via, “elettrizzato” il mondo. Arricchiscono la mostra alcune stazioni interattive in cui il visitatore potrà cimentarsi con le prime “macchine elettriche”, con la famosa “pistola” di Volta, con diversi effetti elettrici, con una centrale elettrica in miniatura. Infine, un aspetto che si è voluto particolarmente enfatizzare è la curiosità, la passione e lo stupore che non hanno mai abbandonato Volta nella sua lunga e feconda attività di ricerca.

Come scrisse Giovanni Polvani, al termine della monografia dedicata allo scienziato comasco, “…la ricerca delle leggi naturali non legò la mente di lui alla materia, ma anzi gli rese più facile sentire la voce dell’Essere primo, immutabile, necessario, che potentemente lo chiamava a sé”.

Pronti, partenza...vita

1998

Nel 1953 Stanley Miller, fresco di laurea all’Università di Chicago, effettuò il primo esperimento ideato per far luce sulle reazioni chimiche che si riteneva dovessero avvenire sulla terra primordiale. Sottopose una miscela di metano, ammoniaca, idrogeno (probabili componenti dell’atmosfera terrestre circa 3 miliardi e mezzo di anni fa) e acqua (per simulare l’oceano primigenio) all’azione di scariche elettriche (corrispondenti ai frequenti fulmini di allora). In queste condizioni egli ottenne una miscela di composti organici, compresi alcuni amminoacidi naturali che rappresentano i costituenti base delle proteine. L’entusiasmo nel mondo scientifico fu incontenibile e la notizia fece subito il giro del mondo. Il mistero dell’origine della vita pareva a un passo dalla soluzione. Sulla scia del successo di Miller, numerosi gruppi di ricercatori ottennero ulteriori interessanti risultati, come la formazione di alcune basi azotate, necessarie per lo strutturarsi del Dna. Anche dopo l’esperimento di Miller, rimaneva il grosso punto di domanda: come dai composti chimici e prebiotici si è passati a sistemi biologici in grado di riprodursi spontaneamente?

Scopo della mostra, promossa dall’Associazione Euresis, coordinata da Mario Gargantini, Elio Sindoni, Paolo Tortora e realizzata con il contributo della Regione Emilia Romagna, è un viaggio che, partendo dagli estremi confini dello spazio e del tempo, conduca fino a quell’evento meraviglioso che è stato la comparsa della vita sulla Terra. Dalle più lontane galassie, giungeremo al sistema solare e alla nostra terra, accompagnata dal suo fedele satellite. Questa “storia”, secondo l’ipotesi cosmologica attualmente più accreditata, ha avuto inizio con l’espansione di materia ed energia a partire da uno stato caratterizzato da valori inimmaginabili di densità e temperatura. Dopo oltre dieci miliardi di anni, qualcosa di prodigioso è accaduto: la materia ha preso vita.

Imago Mundi

La rappresentazione del cosmo attraverso i secoli

1997

”Il mistero del cielo stellato solcato dalla luce della Via Lattea, il volgere continuo degli astri da oriente ad occidente, il moto errante dei pianeti tra le stelle, il nascere e il tramontare del sole, le fasi lunari, l’apparizione fugace delle comete, sono fenomeni che hanno profondamente influenzato l’uomo sin dagli albori della sua vita intelligente ponendo il problema del suo rapporto con tutto ciò che appariva proiettato sulla volta celeste”.

Così scrive Francesco Bertola, professore dei Astrofisica presso l’università di Padova, nell’introduzione al suo bellissimo volume “Imago Mundi. La rappresentazione del cosmo attraverso i secoli” (Ed. Biblos 1995), di cui la mostra omonima riprende e sviluppa i contenuti iconografici e testuali, ad illustrare come nell’arco della storia l’uomo abbia rappresentato la propria idea dell’universo e del suo rapporto con il cosmo.

Nel suo apparato iconografico, la mostra ripercorre la storia delle modalità tecniche ed artistiche, delle soluzioni grafiche che l’uomo occidentale ha adottato nel corso dei millenni per rappresentare visivamente i modelli di universo che sono stati via via adottati. Delinea inoltre, per sommi capi, una storia della cosmologia, dai greci fino ai giorni nostri. Né è casuale la scelta del nome “Imago mundi”, l’immagine del mondo: nome tradizionale nel passato e oggi ripreso per “essere la testimonianza” conclude Bertola, “di come i vari modi di concepire e rappresentare l’universo si siano svolti dal Medioevo fino ad oggi lungo un unico filo conduttore, che non è solo quello della cultura scientifica, ma della cultura, nella sua accezione più ampia”.


Conosci le vie

Le strade dell'uomo semplice indicate da Ildegarda di Bingen

1996

La spiritualità e la genialità di Ildegarda di Bingen, benedettina vissuta in Germania tra il 1089 e il 1176, affascinano gli uomini che la incontrano oggi per la sorprendente ampiezza di respiro della sua concezione unitaria della realtà tutta, alla quale da più parti si aspira. Il villaggio globale dell’informatica, verso il quale la civiltà tecnologica occidentale corre, non risponde al bisogno di unità, interiore ed esteriore al contempo, che ognuno di noi sorprende drammaticamente in sé. Al contrario, la stanza dilatata della razionalità contemporanea ha qualcosa di soffocante, di angusto.

Ildegarda, con semplicità e sapienza, ci apre all’esperienza della libertà nel rapporto uomo-natura-Dio; ci propone, con modalità assolutamente originali, la storia cristiana della salvezza, fino a declinarne le dimensioni morali che essa può accendere in ognuno; ci offre un sapere vasto e sperimentato, ove sono centrali le relazioni microcosmo-macrocosmo; i rapporti analogici tra elementi e cose del creato, dotati di propria consistenza ma fondati su Dio e regolati da Dio.

Monaca benedettina e dottore della Chiesa, Ildegarda giunge con grande naturalezza a percepire concretamente l’armonia cosmica sulla quale la sua vita monastica è regolata; la musica per lei non é solo espressione del movimento dei cieli, ma anche elemento regolatore fondamentale del rapporto tra le cose: la musica e i canti che questa donna compone sono vertice espressivo della sua umanità e della sua cultura. Il suo equilibrato e positivo senso della vita, la “sobria ebbrezza” del suo spirito, la sua capacità ad attingere ad un contesto multietnico, la sua originalità creativa, ci fanno cogliere in lei l’aspetto profetico di una modernità di segno cristiano.

La sua dottrina, che tocca un vasto quadro di principi dal teologico al naturale, é assolutamente estranea alla concezione solistica di molte recenti sette esoteriche, che si diffondono sempre più numerose. Esse tentano di impadronirsi del suo messaggio e della sua personalità, attraverso interpretazioni grossolane e fuorvianti: l’uno e l’altra, invece, sono patrimonio di altissimo valore, della Chiesa e, più in generale, di ogni espressione culturale capace di considerare con rispetto la tradizione cristiana.

La mostra é suddivisa nelle seguenti sezioni:

1) Medioevo monastico: Ildegarda di Bingen e la Chiesa del suo tempo;

2) Ildegarda insegna la via cristiana per l’uomo semplice; Microcosmo-macrocosmo; Le sottigliezze della natura; Musica-Armonia celeste;

3) Nell’area operativa “La Farmacia”, un gruppo di persone del Centro milanese “Ildegarda di Bingen” sarà a disposizione, ad orari ampi e stabiliti, per introdurre alle conoscenze dell’uomo e della natura maturate da Ildegarda e da lei trasmesse nelle sue opere.

I giorni dell'ingegno

Otto secoli di creatività tecnologica nel medioevo europeo

1994

Un suggestivo viaggio per immagini e oggetti all’interno di un’epoca solitamente considerata poco significativa per la storia della scienza e della tecnica, mentre invece presenta una ricchezza di creatività, di ingegno e di operatività che ha molto da dire anche a chi oggi produce ed utilizza la tecnologia.

A partire da condizioni materiali modeste e con risorse limitate, l’uomo medievale ha concentrato un’enorme capacità inventiva nel tentativo di ricostruire una civiltà in tutte le sue dimensioni, con estrema attenzione ai particolari, senza trascurare nulla, ma con una preoccupazione molto concreta. Incontriamo quindi monaci che “propter necessitatem” costruiscono macchine per recuperare tempo alla preghiera ed attrezzano le Abbazie con officine, mulini, telai, forge e tutto ciò che consente di rispondere prontamente alle molteplici necessità quotidiane.

Sono più di 100 le invenzioni sbocciate in Europa in questi secoli, o riscoperte e tradotte in applicazioni pratiche ed efficaci. La mostra presenta i luoghi della creatività e gli uomini “protagonisti dentro un popolo”, i singoli settori tecnologici e le macchine; infine la cattedrale, sintesi e simbolo di un’intera civiltà.

Alla realizzazione della mostra, curata da Mario Gargantini, Gianluca Lapini, Antonio Prima, hanno collaborato Jean Gimpel e Léo Moulin.


In mostra: la pianta di San Gallo, il carro di Guido da Vigevano, il mulino di Villard de Honnecourt

American way of research

1992

La capacità di sviluppare ricerca scientifica e tecnologica e di utilizzarne i risultati per la crescita dell’economia è uno dei tratti distintivi del panorama socio-culturale degli USA. Nei primi 85 anni di premio Nobel, su 367 medaglie assegnate per le scienze (fisica, chimica e medicina), 145 sono finite negli States, quasi il 40%. Lo scenario della ricerca americana è complesso e coinvolge tutte le tematiche del dibattito sulla scienza e la tecnologia oggi: dalle sfide etiche delle scienze biomediche agli impatti ambientali delle nuove tecnologie, all’opportunità dei megaprogetti per le ricerche di base in biologia e fisica (progetto Genoma, Superacceleratore di particelle), alla ricerca bellica, alle nuove imprese spaziali, fino ai sogni tecnologici come l’intelligenza artificiale e l’incontro con gli extraterrestri.

La mostra, divisa in quattro sezioni – realizzata con la collaborazione di PROSVI INC. (San Francisco) – offre, attaverso un taglio descrittivo suggestivo, una panoramica che aiuti a dare l’idea del fenomeno, suggerendo alcuni spunti per una valutazione successiva.

Nella prima sezione è fornita una visione quantitativa della situazione con l’indicazione dei principali fattori di successo e il ruolo dei diversi soggetti implicati: università, industria, enti federali, esercito. Un rilievo speciale assumono i grandi progetti nazionali: dal progetto Manhattan, alle guerre stellari, alla conquista della Luna.

Grazie alla collaborazione con celebri istituzioni di ricerca americane, la seconda sezione permette al visitatore di entrare direttamente in alcuni “santuari” della scienza. Grandi università come Princeton o il Massachussets Institute of Tecnology (Mit) di Boston; centri creati da multinazionali, come i Bell Labs della At&t o gli HP Labs; centri dipendenti da Enti Federali, come il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della Nasa; parchi scientifici e tecnologici, come il Triangle Park in North Carolina; istituzioni private come il S.R.I. con base a Menlo Park, ma divenuto ormai una sorta di multinazionale della ricerca, con sedi in tutto il mondo, Italia compresa. Di questi centri si potrà conoscere la struttura organizzativa, i campi di indagine e rendersi conto, anche visivamente, dei risultati più significativi.

La terza parte porta lo sguardo sul futuro ed avanza spunti critici, cercando di far emergere luci ed ombre e di consentire un confronto con altre situazioni e altri contesti, come quello italiano.

Infine, il “banco contatti e opportunità”, elemento innovativo nella storia delle mostre scientifiche, ove il visitatore interessato potrà trovare una nutrita serie di informazioni pratiche (indirizzi, calendari di corsi, iniziative di aggiornamento) per un eventuale contatto diretto e per l’aggancio di particolari opportunità.’

Viaggio al centro della Terra

1990

L’inesauribile desiderio di conoscere la realtà naturale ha portato l’uomo ad estendere la sua indagine alle profondità della Terra, in una ricerca sempre avvolta in un’atmosfera di vago timore e di forte suggestione. La mostra “Viaggio al centro della Terra” vuole guidarci in questa avventura, attraverso un itinerario di tipo didattico-divulgativo che sviluppa il tema in quattro tappe.

La prima parte fornisce una visione del pianeta Terra nel suo complesso, attraverso l’analisi delle sue caratteristiche e la misurazione dei suoi dati principali – forma, dimensione, massa -, invitando il visitatore a valutare personalmente l’intero geoide, mentre un computer elabora i dati raccolti. Nella seconda parte vengono proposti alcuni “spiragli” che la natura stessa apre alla curiosità dell’uomo e che facilitano la ricerca di indizi sui fenomeni sotterranei.

Vengono esaminati, anche con l’aiuto di plastici e modelli di laboratorio, vulcani e geysers, che denunciano la presenza di una continua turbolenza alimentata da ingenti quantità di energia termica, i canyons che permettono di studiare le caratteristiche litostratigrafiche (cioè le rocce), paleontologiche (i fossili), geodinamiche (i movimenti della crosta) nella successione delle diverse ere geologiche, e infine gli spiragli che si è procurato l’uomo scendendo nelle grotte, scavando pozzi sempre più profondi o immergendosi negli abissi oceanici.

La mostra continua con la descrizione dei principali fenomeni dinamici della superficie terrestre, segni esteriori di una sotterranea inquietudine. I terremoti, l’orogenesi delle grandi catene montuose, l’espansione dei fondali oceanici, la deriva dei continenti, forniscono importanti elementi per studiare gli strati immediatamente sottostanti la crosta del pianeta. Tali fenomeni vengono esaminati nelle loro caratteristiche e vengono presentati i metodi per la loro rilevazione. Infine, sulla base delle informazioni geofisiche oggi disponibili, si giunge alla ipotesi di un modello attendibile dell’interno della Terra, che il visitatore trova riassunto su un singolare “geodisco” da sfogliare strato dopo strato.’

Presentazione della mostra con Enzo Boschi, Presidente INGV