La frontiera della complessità coincide con la frontiera del nuovo, non previsto dai nostri modelli. E non possiamo neppure moltiplicare all'infinito il numero di tali modelli; sarebbe una inutile fatica di Sisifo: mentre noi aumenteremo i nostri modelli (e i nostri tempi di calcolo), la realtà continuerà a prenderci in giro con eventi sempre nuovi. L'imporsi del tema della complessità ci ha costretto ad accorgerci che una struttura deduttiva del tipo suddetto si blocca di fronte a due difficoltà.
Una di natura sostanziale, enunciata da Gödel nel suo celebre teorema: all'interno di un corpo di assiomi, cioè di un certo linguaggio formale, noi possiamo enunciare correttamente dei teoremi dei quali però non riusciamo a dimostrare né la verità né la falsità. Prima o poi ci dobbiamo scontrare con una indecidibilità radicale: l'unico modo per evitarla sarebbe aumentare continuamente il numero di assiomi ma questo porterebbe ad una regressione all'infinito.
C'è però anche una difficoltà di tipo pratico. Se il modello teorico che adottiamo non è quello adeguato al mondo reale, la nostra descrizione del mondo può richiedere tempi più lunghi di quello che sta accadendo nella realtà; a questo punto il problema diventa intrattabile. Supponiamo, ad esempio, di aver elaborato un modello degli eventi meteorologici che permette di valutare accuratamente il tempo di domani ma con un tempo di calcolo di 48 ore: in tal caso il modello diventa inutile; tanto vale incrociare le braccia e aspettare di vedere cosa succede.
(da un'intervista a T. F. Arecchi in Libertà di Educazione, novembre 1997)